15, 22, 23 settembre 2023

La filosofia, il Castello e la Torre - IX edizione

Festival internazionale di Filosofia

IX edizione: Desiderio - Che cosa ci manca realmente?
1 - 24 settembre 2023

Informazioni e programma: www.lafilosofiailcastellolatorre.it

Venerdì 15 settembre 2023, Chiesa dell'Immacolata, ore 18:30
LECTIO MAGISTRALIS: Andare fuori traccia. Erri De Luca

Venerdì 22 settembre 2023, Chiesa dell'Immacolata, ore 20:30
PRESENTAZIONE LIBRO: Aldo Cazzullo presenta il suo nuovo libro in anteprima nazionale “Quando eravamo i padroni del mondo. Roma: l’impero infinito”, HarperCollins Editore

Sabato 23 settembre 2023, Chiesa dell'Immacolata, ore 20:30
L'INTERVISTA: Fausto Bertinotti. A partire dal suo ultimo libro “La dissoluzione della democrazia. Scritti 2007-2022”, Castelvecchi Editore

 

Il Festival internazionale della filosofia di Ischia e Napoli offre quest’anno la possibilità di riflettere su uno dei temi più cari alle “scienze dello spirito”.

Nella storia del pensiero occidentale il desiderio ha spesso giocato un ruolo fondamentale nell’orientamento della condizione umana, perché ha determinato la vita eticamente e moralmente.

Il desiderio esprime la condizione esistenziale nel rapporto di realizzazione tra l’Io e il Mondo.

Nella filosofia antica, i desideri vengono classificati come necessari o naturali e vani.

Si definiscono necessari quelli che riguardano dei bisogni primari, delle pulsioni dell’essere umano quali la fame, la sete; vani, invece, quelli che riguardano lo stato di realizzazione dell’Io nel mondo, come la smania di ricchezza o quello che viene definito come uno dei desideri cui l’essere umano tende più di tutti, l’immortalità.

Diversamente, sia nel contesto filosofico che religioso, il desiderio ha stimolato la nascita di strategie esistenziali volte a costruire una sorta di volitiva indipendenza verso ciò che si brama, per cui una vita saggia, rimette il desiderio a margine dell’esistenza stessa: in questa visione sono eloquenti i concetti filosofici nati nell’antichità di atarassia e di vita ascetica, dove il corpo viene mortificato perché veicolo carnale che assoggetta gli esseri umani.

D’altro canto, non mancano quelle forme di atteggiamenti filosofici in cui diviene fine ultimo.

Il desiderio viene definito anche come appetito o affezione.

Gli esseri umani “chiedono” e “sentono” qualcosa per sé stessi e cercano costantemente di raggiungere uno scopo. Desiderare infonde nell’agire umano una motivazione che mira a soddisfare non solo le pulsioni naturali, ma anche quelle elevate affezioni legate alla conoscenza, alle attività che definiamo intellettuali o superiori, dello spirito. Quest’appetito è forza determinante che spinge il soggetto alla realizzazione di sé stesso in un senso trascendentale.

Probabilmente è la scissione espressa nelle filosofie occidentali, come motore unico alla realizzazione della supremazia umana sul mondo, che rende necessaria una pedagogia del desiderio, atta a superare la frattura tra l’immanenza di un Io che proietta il desiderio proprio in primo piano e la trascendenza di un Noi che vorrebbe la realizzazione di un desiderare comune.

Siamo imprigionati in una scissione strutturale, escludente che si esprime nella difficoltà di realizzazione del rapporto tra l’individuo e la società. Ma è proprio la domanda su questa scissione che fa nascere un movimento logico, necessario.

Come declinare il desiderare, in una prospettiva pratica e politica, dall’Io al Noi?

Molti filosofi, dall’antichità a oggi, ci inducono a considerare una sociologia del desiderio in cui ciò che si desidera si staglia su di un orizzonte comune: il desiderio di giustizia, di uguaglianza eleva perciò questa pulsione a una affezione, una trascendenza spirituale, dove il desiderio, esprimendo una costante mancanza, una perpetua insoddisfazione dell’individuo, diviene spinta alla condivisione, al miglioramento della condizione umana.

Dunque, se da un lato il desiderio implica il “raggiungimento” di uno scopo e la prigionia propria attraverso la possessione, attraverso l’esclusione puerile dell’altro nel contendersi un oggetto o una posizione riconosciuta dell’Ego nel mondo, dall’altro implica il “perfetto” opposto, una produttiva scissione nella quale la mancanza ci eleva.

Nella parola stessa “de-siderio” risiede la mancanza: l’assenza delle stelle nel firmamento.

Guardiamo al cielo perché possa essere foriero di realizzazioni proprie, che si esprimono nella caduta di un elemento materiale. Vogliamo un segno che ci ristori dal dolore della nostra esistenza, dalla recondita nostalgia che ci alimenta. Se cade una stella, allora il nostro desiderio verrà esaudito. Il cielo, a cui spesso volgiamo lo sguardo per avere dei segnali, ci fa però dimenticare della terra sulla quale viviamo e che stiamo lentamente deteriorando, annullando, sotto i colpi efferati di un desiderare solo umano, frutto di un regime economico totalizzante, uniformante e ripetitivo.

Eppure, siamo determinati da questa stessa mancanza, ancor di più dalla perdita che genera la nostalgia di qualcosa che sappiamo di aver posseduto e che ci ha poi abbandonati. Sappiamo che ci manca qualcosa, sappiamo di essere stati i signori o le signore di un regno ormai caduto. Osserviamo un trono vuoto che non ci spetta più, non per diritto.

Bisogna allora saper restare nella mancanza? Bisogna educarsi alla stasi desiderale, ossia a restare in equilibrio, nel mezzo di un abisso che non ha misure?

Permanere in ciò che circonda la frattura creata dal desiderio, è uno degli atti rivoluzionari cui possiamo tendere. La crepa esistenziale generata dal desiderio, potrebbe divenire la nuova dimora di un Ego sì spodestato, ma capace di eludere la maniacale relazione con ciò che non possediamo, con ciò che gli altri posseggono.

Da queste considerazioni nascono domande di cruciale importanza per la nostra contemporaneità: perché ci manca sempre ciò che non possiamo avere e non riusciamo a godere di ciò che ci costituisce? Siamo vittime di una maniacale, bipolare relazione esistenziale con noi stessi e con gli altri? Come il nostro desiderare condiziona e limita l’esistenza dell’altro in un sistema di viventi strutturalmente connessi? Quello che io desidero, sottrae qualcosa all’altro? Al mondo? Alla natura, generando catastrofi?

Allora dobbiamo tener presente che, se da un lato esiste una mancanza, dall’altro persiste un’abbondanza. Le domande di sintesi che ne conseguono, mettono in evidenza la propulsione desiderale, e la consegnano definitivamente a una dimensione etica: come ci educhiamo al desiderio? Che cosa ci manca realmente?